Diceva Wittgenstein: “Si osserva per vedere ciò che non si vedeva quando non si osservava”.
La più grande lezione che la scienza può darci è spingerci a metterci in gioco, creando una struttura guida per osservare i fenomeni, proporre una serie di esperimenti e, sulla base delle nostre osservazioni, confrontarci con gli altri per elaborare ipotesi sempre più precise e puntuali. Come diceva Galileo Galilei, si tratta di “provare e riprovare”.
“Si osserva per vedere ciò che non si vedeva quando non si osservava”.
Ludwig Wittgenstein
Si parte di solito con una ricerca libera, condotta per piccoli gruppi, sull’azione delle forze nella realtà. Come diceva una mia alunna di Terni: “La scienza e tutt’intorno”.
La ricerca avviene nello spazio dentro e intorno alla scuola. Si osserva e si prendono appunti, per poi riferire le scoperte al gruppo intero. Il primo elenco che viene fuori è denso di suggestioni: le foglie portate dal vento, la forza che ci vuole a spingere un oggetto o ad alzarsi dalla sedia, la pallina che rimbalza. A partire dalle osservazioni iniziali e dal confronto, si scoprono molte cose sulle forze, ma soprattutto la presenza della forza di gravità.
Da queste osservazioni hanno inizio i primi esperimenti. In tale contesto l’insegnante propone la struttura di lavoro, ma non le risposte. Ogni gruppo prova e riprova annotando tutto ciò che scopre. Le scoperte fatte vengono presentate al gruppo intero e discusse collettivamente. Colte le suggestioni, gli esperimenti vengono ripetuti con maggiore attenzione.
All’inizio si lavora con piccole sfere di gomma rimbalzanti, le possibilità di questo semplice materiale sono notevoli: si lascia cadere la sfera e si scopre che più dall’alto cade, più in alto rimbalza, ma se si lancia verso terra applicando una forza, l’altezza del rimbalzo è ancora maggiore. Se la si lancia verso l’alto si osserva che la sfera rallenta fino a tornare verso terra attratta dalla forza di gravità. Se si realizza un lancio in avanti si scopre che la forza di gravità devia il percorso della sfera facendole disegnare nell’aria una parabola.

I primi esperimenti con sfere rimbalzanti
Questo lavoro introduce all’uso delle misure e al rapporto con la matematica a partire dalla scoperta della differenza delle altezze dei rimbalzi. Si decide di misurare, adoperando un metro, l’altezza del rimbalzo in rapporto all’altezza di caduta. Provando e riprovando i gruppi trovano conferma nei numeri di quanto avevano osservato con gli occhi: maggiore è l’altezza di caduta, maggiore è l’altezza del rimbalzo. Partendo dalla deduzione che il rimbalzo più alto è dovuto a una maggiore velocita nel momento dell’impatto, si giunge alla conclusione che un corpo in caduta accelera di continuo. Concettualmente si tratta di uno dei più importanti passaggi della storia della scienza. Non ci resta che indagare più in profondità su questa ipotesi che nasce dagli esperimenti fatti.
Il passaggio successivo è il piano inclinato.
Ne abbiamo uno in aula che è una sbarra di metallo usata per fissare gli armadi a muro.
Questo lavoro viene condotto dall’intera classe. Si fanno diverse prove. A turno c’è chi segna i dati, chi lascia rotolare la sfera, chi segna l’inizio e la fine del percorso e chi misura il tempo con un cronometro. Adoperando una sfera di acciaio, si comincia misurando il tempo di discesa in rapporto all’inclinazione. Si scopre che maggiore è l’inclinazione, minore è il tempo e maggiore è la velocità di discesa. Nella fase successiva si divide il piano inclinato in tre parti e si misura il tempo in cui la sfera percorre la prima parte, poi la seconda e infine la terza. Si scopre presto che la sfera accelera continuamente.

Su un piano inclinato, un corpo in caduta accelera di continuo
Si lavora in modo analogo con il pendolo. I bambini, suddivisi in gruppi, iniziano ad appendere con dei fili su un bastone fissato tra due sedie oggetti di diverso peso (sfere di polistirolo, bulloni…) e a farli oscillare. L’unica richiesta è di osservare e annotare ogni cosa di cui si accorgono. Il compito è capire come funziona il pendolo.
Si apre un mondo di osservazioni e di scoperte che li porta, dopo tentativi e confronti ripetuti, a scoprire che la velocità di oscillazione non dipende dal peso, ma dalla lunghezza del pendolo, mentre il peso determina la durata e non la velocità: i pendoli più leggeri si fermano prima e quelli più pesanti oscillano per più tempo.
Come diceva il grande fisico inglese James Clerk Maxwell, se si guarda con molta attenzione un fenomeno si scopre l’universo.
Partendo da un’analisi accurata di un fenomeno come il pendolo, si scoprono molte cose sulla fisica. Si scopre l’attrito, quella sorta di controforza che ostacola il movimento, si scopre la quantità di moto e altre cose ancora.
Secondo James Clerk Maxwell, se si guarda con molta attenzione un fenomeno si scopre l’universo.
La fase finale del lavoro consiste nel rileggere tutti gli appunti, nel ricostruire la storia e le connessioni delle attività fatte producendo un testo collettivo. Questo testo viene risistemato insieme alle immagini realizzate dalla classe (disegni e foto) e rilegato in un volume artigianale realizzato con delle presse di legno. Un libro illustrato che poi viene adoperato come testo di riferimento per le conferenze, rivolte ad altri gruppi, durante le quali viene raccontato il lavoro e vengono presentati, in modo concreto, gli esperimenti.
La conoscenza acquisita diventa cultura condivisibile.