Tornare in classe

Intervista a Bebe Vio – campionessa paralimpica

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
30 Maggio 2025
30 Maggio 2025

Può raccontarci un ricordo, un evento, un insegnante che ha segnato la sua formazione?

Conservo tanti bei ricordi della scuola, in particolare ne ho uno legato a don Pippo, il professore di religione. Era giovane, alla mano e benvoluto da tutti. Dopo la malattia avevo perso alcuni punti di riferimento. Quando tornai a scuola, mi confrontai con lui sui miei dubbi e mi disse: “Dio è in tutte le cose belle che fai e vivi. Quali sono per te?” Risposi: “Gli amici, lo sport, la scuola.” E lui: “Ecco, a modo tuo credi ancora nella bellezza delle cose.” Da quel momento ho capito che per me la fede non è questione di religiosità, regole o riti, ma è una filosofia di vita. È il senso di responsabilità verso gli altri, è la capacità di vedere il bello anche quando sembra tutto buio.

Ricorda uno o più compagni di scuola che sono stati o sono ancora importanti nella sua vita?

I miei compagni di scuola sono stati fondamentali, mi hanno accolta con naturalezza e semplicità, senza pietismi. Mi sono stati vicini anche nello studio: durante i ritiri sportivi o i periodi più intensi, si organizzavano in “sottosquadre”, ognuna dedicata a una materia. Sono profondamente grata per tutto questo.

Lei ha avuto una grave malattia a undici anni. Come hanno reagito i suoi compagni e i suoi insegnanti? E come l’ha vissuta e gestita lei?

Quando mi sono ammalata, l’unica cosa che volevo era tornare alla mia vita, che in quel momento era: scuola, scout e scherma. Le mie “tre S”. Dall’altra parte, i miei compagni e gli insegnanti mi hanno fatto tornare alla normalità senza farmi sentire “diversa”.

Lei è riuscita a portare avanti i suoi studi fino all’università, nonostante i numerosi impegni sportivi. Qual è il suo segreto?

Organizzazione, programmazione e tanto lavoro. Nei periodi più intensi studiavo la notte, mi organizzavo ogni minuto. Non volevo rinunciare a nulla, allora come ora. In più ho sempre avuto accanto persone che mi hanno supportata: la mia famiglia, gli amici, i compagni, i professori.

Lei è un modello per tutti i ragazzi e le ragazze: le pesa mai questa responsabilità?

All’inizio sì, soprattutto da adolescente. Pensavo in parallelo ai miei miti, in particolare a quanto mi sarei dispiaciuta se per ipotesi qualcuno di loro avesse fatto cavolate. Crescendo, più che un peso, questo fattore è diventato una spinta in più per dare il meglio, anche e soprattutto attraverso i progetti che porto avanti per i giovani con l’Associazione art4sport e la Bebe Vio Academy.

Quando incontra gli studenti, c’è una domanda ricorrente a cui è più felice di rispondere?

Amo la curiosità sulla disabilità, il voler conoscere come funzionano i movimenti, le protesi, come faccio a fare certe cose. Far toccare le protesi, farle girare tra i banchi… diventano quasi dei giochi. La cultura della disabilità è fondamentale: se tutti la conoscessero meglio, i pensieri e i comportamenti cambierebbero di conseguenza. Noi adulti siamo un esempio per i bambini, soprattutto per quello che facciamo. L’obiettivo finale non è uniformare, ma abbracciare la diversità ed essere uniti.

Secondo lei, che cosa hanno in comune lo studio e lo sport? E il fioretto in particolare?

Lo studio e lo sport hanno in comune i concetti di squadra e di lavoro. In entrambi i casi, non si va da nessuna parte senza impegno e un team che ti supporta. Il fioretto, la scherma, lo sport in generale, ti insegnano a pensare prima di agire, e questo vale anche nello studio e nella vita.

Il suo motto è: “Se sembra impossibile, allora si può fare”. Come pensa che dovrebbe essere la scuola per offrire a tutti l’occasione di provare a fare l’impossibile?

La scuola dovrebbe essere un luogo di sperimentazione e libertà, dove seguire le proprie passioni, come lo sport, senza ostacoli. Fare qualcosa solo per dovere non porta al massimo rendimento. Anche se non tutto può piacere, l’obiettivo principale dell’educazione è sviluppare il pensiero critico, il confronto e la consapevolezza, per crescere come adulti migliori.
di Emilia Bandel

© foto Bisi

Bebe Vio

Beatrice Maria Marzia Adelaide Vio Grandis, meglio conosciuta come Bebe Vio, è un’atleta del Comitato Paralimpico Internazionale. La sua passione è la scherma in carrozzina, con la quale ha partecipato a tre edizioni dei Giochi Paralimpici (Rio 2016, Tokyo 2020 e Parigi 2024). Tra un allenamento e l’altro ha concluso la sua carriera da studentessa presso l’università americana John Cabot di Roma, laureandosi alla facoltà di Communication and International Relations.
Da gennaio 2025 è Consigliere Federale in rappresentanza Atleti della Federazione Italiana Scherma.
Il suo sogno è unire lo sport olimpico e quello paralimpico in un unico comitato, con il fine di creare un movimento sportivo senza barriere. Questa è la battaglia principale che porta avanti con due importanti progetti: l’Associazione art4sport e la Bebe Vio Academy.

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