Tornare in classe

Intervista a Viola Ardone - professoressa e scrittrice

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
2 Settembre 2025
2 Settembre 2025
Può raccontarci un ricordo, un evento, un insegnante che ha segnato la sua formazione?
La maestra delle elementari, prima di tutto, mi sembrava che fosse onnisciente, forse lo era. All’inizio degli anni Ottanta si era già inventata la biblioteca di classe per invogliarci alla lettura. Ogni bambino portava a scuola un libro e poi ce li si scambiava, seguendo i consigli di chi li aveva già letti. Credo che la mia passione per la lettura sia iniziata da lì. E poi un’insegnante del liceo, la professoressa di Greco, assolutamente incapace di insegnare ma di una cultura che mi sembrava infinita, spiavo i libri che portava con sé in borsa o che poggiava sulla cattedra, viveva immersa nel suo sapere e io volevo essere come lei. A volte gli insegnanti meno comunicativi sono quelli che ti ispirano di più.
Ricorda uno o più compagni di scuola che sono stati o sono ancora importanti nella sua vita?
Con le compagne del liceo mi vedo ancora, a distanza di anni appena siamo insieme torniamo alla comunicazione schietta e confidenziale dell’adolescenza, sono rapporti che restano cristallizzati all’età in cui tutto era facile.
Lei è figlia di insegnanti, che ruolo hanno avuto i loro racconti e le loro esperienze nella sua scelta di diventare a sua volta insegnante? O invece è stata la sua diretta esperienza scolastica ad avere avuto un ruolo preponderante?
Io non volevo diventare insegnante perché ho conosciuto la fatica e le frustrazioni di questo mestiere fin da quando ero piccola. Dopo la laurea mi sono impiegata in una casa editrice, dove sono rimasta per dieci anni, nel frattempo però per far felici i miei avevo fatto il concorso a cattedre e lo avevo vinto. Quando la scuola mi ha chiamata ero terrorizzata, pensavo di non essere in grado, soprattutto per il rapporto con i ragazzi, credevo di non poter essere un riferimento credibile per loro, mi sentivo inadeguata. Poi mi sono innamorata di questo lavoro, il più faticoso e il più divertente del mondo.
Come è cambiata la scuola da quando era studentessa lei? Ci può fare qualche esempio concreto?
Con i docenti c’era più distanza, soprattutto al liceo, il carico di compiti a casa era superiore anche perché ai miei tempi non c’erano grossi margini per imbrogliare. Una versione di latino o di greco, un’analisi del testo richiedevano un paio d’ore ciascuna, si studiava molto di più. Oggi forse si studia meglio perché ci sono più supporti, tutti hanno strumenti di consultazione a disposizione, una volta anche quelli erano legati alla condizione economica della famiglia. Io ero in imbarazzo perché a casa, nonostante i miei fossero insegnanti, non avevamo una di quelle maxi enciclopedie in undici volumi.
Lei insegna italiano e latino in un liceo scientifico: è importante secondo lei lo studio del latino per i ragazzi di oggi?
Molto importante, anche se loro non ne sono consapevoli. Il latino è una lingua logica, insegna a strutturare le frasi e dunque il pensiero, insegna a risolvere problemi, a trovare strategie, a scovare etimologie, a capire meglio la nostra lingua.
Lei ha parlato di una contiguità eccessiva tra genitori e figli che spesso pregiudica i buoni rapporti tra le famiglie e la scuola. Qual è la sua esperienza personale come insegnante?
I genitori sono molto protettivi, sentono un brutto voto come una sconfitta personale. Se il figlio è andato male a una verifica si scusano, si imbarazzano, o nel peggiore dei casi ti accusano di non averli saputi capire e valorizzare. Dovrebbero arrendersi al fatto che l’insegnamento è una relazione che non comprende anche loro. Per converso sono poco presenti nelle istituzioni scolastiche, partecipano poco alla vita della scuola, si limitano spesso a fare da avvocati ai loro figli.
Quale sarebbe secondo lei l’innovazione più necessaria alla scuola oggi: una materia, una metodologia didattica o altro ancora?
L’innovazione sarebbe imparare a sfruttare le potenzialità dell’Intelligenza artificiale come strumento di studio e non di bluff da parte degli alunni. L’innovazione sarebbe ridare dignità a una materia come l’educazione civica, introdurre l’educazione sessuale obbligatoria per tutti fin dalle elementari (e non come materia ancillare, sottoposta al veto delle famiglie). L’innovazione sarebbe dotare ogni istituto di uno sportello psicologico per sostenere gli studenti in difficoltà. L’innovazione sarebbe mettere mano all’edilizia scolastica e adeguare le strutture alle esigenze dei ragazzi e dei docenti.
di Emilia Bandel

© foto Bisi

Viola Ardone
Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, ha lavorato nel campo dell’editoria e attualmente insegna italiano e latino al liceo. Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016). Nel 2019 ha pubblicato per Einaudi Il treno dei bambini, tradotto in oltre trenta lingue, da cui Cristina Comencini ha tratto l’omonimo film nel 2024. Sono seguiti, sempre per Einaudi, Oliva Denaro (2021) e Grande meraviglia (2023). Collabora inoltre con il “Corriere del mezzogiorno”, “la Repubblica”, “La Stampa”, “L’Espresso”.

Articoli suggeriti