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13 Maggio 2025
17 marzo 2025

La scrittura secondo Viola Ardone

I libri svelano mondi a chi insegna e a chi studia

Intervista a Viola Ardone,
scrittrice e insegnante
Tempo di lettura: 10 minuti
Viola Ardone gode di una prospettiva privilegiata sulla scrittura e sulla lettura: non è solo una scrittrice la cui creatività è sbocciata quando era piccola per poi maturare in una professione, ma è anche un'insegnante che sa stimolare nei ragazzi la curiosità per i libri. Perché, se c'è desiderio di scoprire, le belle sorprese non mancano.
Lei ha iniziato a scrivere da bambina, di cosa scriveva? E faceva leggere a qualcuno quello che scriveva o lo teneva per sé?
Scrivevo raccontini e filastrocche, le facevo leggere alla mia mamma.
Crede che la funzione della scrittura cambi nelle diverse età? E che ruolo può giocarvi la scuola?
La scuola deve insegnare a esprimersi per iscritto in forma chiara e comprensibile, deve insegnare a comunicare, nelle sue diverse forme, anche in quella del racconto o della poesia, la cosiddetta scrittura fiction. Poi, sì, la funzione della scrittura cambia, per gli adolescenti può essere uno sfogo, il cantuccio in cui esprimere paure e i desideri. Da adulti spesso si perde l’abitudine alla scrittura, a meno che non diventi un lavoro, è raro trovare adulti che scrivono, che tengono un diario o che mandano una mail personale per comunicare qualcosa che non riguardi appunto il lavoro. Ormai passa tutto per i messaggi, molte volte nemmeno scritti ma vocali.
Lei insegna italiano e latino in un liceo scientifico: il suo lavoro come docente le è di ispirazione nei suoi romanzi? Per esempio, in Una rivoluzione sentimentale, nel quale la protagonista si ritrova a insegnare in un liceo?
È il mio romanzo sulla scuola, racconta di quello che ho imparato dai miei alunni e di come ho affrontato la paura di insegnare, mi sembrava un compito troppo difficile per me, invece è diventato la mia passione, proprio grazie ai ragazzi. Per il resto non ci sono legami particolari tra il mio lavoro di insegnante e quello di scrittrice, tranne forse il desiderio di farmi leggere da tutti, di essere comprensibile anche da chi è seduto “all’ultimo banco”.
AI e scuola, intervista a Mario Rasetti

Dettaglio di copertina del romanzo: Una rivoluzione sentimentale

E i suoi romanzi le sono di aiuto nell’insegnamento? Condivide con gli studenti la sua esperienza della scrittura?
Non parlo con i miei alunni della mia scrittura, ma in verità non ne parlo con nessuno, solo con la mia editor, né faccio leggere loro i miei libri, a meno che non sia una loro iniziativa spontanea. Cerco di mantenere i due ruoli separati, quando sono in classe sono solo la Prof.
Nel suo romanzo La ricetta del cuore in subbuglio la protagonista si affida alla matematica per risolvere questioni sentimentali. Da letterata e da insegnante, considera i numeri antagonisti o alleati delle parole?
Alleati, assolutamente, la scrittura ha una metrica, non solo nella poesia, anche la prosa risponde a regole interne dominate da una logica, una matematica. Per questo amo il latino, perché è una lingua “ingegneristica”. Pur avendo fatto il classico ho sempre avuto passione per la matematica, soprattutto per le dimostrazioni, i teoremi, le formule, ho avuto ottime insegnanti sia alle medie che al liceo, a loro va la mia gratitudine ogni volta che mio figlio mi chiede spiegazioni.
AI e scuola, intervista a Mario Rasetti

L’apprendimento e la ricerca nell’istruzione © Istock – Kobus Louw

Come è nata l’idea per Il treno dei bambini e come si è documentata per scrivere il libro? Il lavoro di ricerca che fa per i suoi romanzi può essere di insegnamento per i suoi studenti?
La storia mi è stata raccontata e subito ho avuto il desiderio di narrarla, aveva qualcosa di epico, di archetipico. Mi sono messa a studiare e ho fatto ricerche, sfruttando così il mio diploma in archivistica e biblioteconomia, ma ho raccolto anche molte testimonianze orali di ex bambini dei treni. Per i miei alunni è diverso, le nuove generazioni fanno fatica a esplorare mondi cartacei, per loro la massima autorità in fatto di ricerche è il web.

Come si conciliano i tempi della scrittura, e i numerosi impegni che comporta la promozione dei libri, con quelli dell’insegnamento?

Mi organizzo bene e ho molta capacità di concentrazione, questo è il mio principale pregio, credo: riesco a concentrarmi su un compito da svolgere, una lettura, la scrittura di un pezzo per il giornale, la preparazione di una lezione, senza farmi distrarre. È quello che cerco di insegnare ai miei alunni che invece hanno spesso difficoltà nel concentrarsi, lavoriamo in classe per allungare i tempi di attenzione, è una specie di “stretching della mente”, come dico sempre loro.

Oliva Denaro è il nome della protagonista del romanzo, che reagisce al patriarcato nella Sicilia degli anni Sessanta, ed è anche l’anagramma del suo nome: quanto ha messo di sé in questo personaggio? Le sue studentesse le chiedono di affrontare in classe tematiche legate al sessismo?
Oliva Denaro è un po’ tutte noi, perché ciascuna nella sua vita ha sperimentato una forma di sopraffazione, di paura, di imbarazzo, di esclusione, di giudizio legati al fatto di essere donna. È per questo che lo dato il mio nome anagrammato, perché evidentemente non è la mia storia ma in qualche modo lo è, dal momento che è una storia universale.

Le studentesse sono molto interessate alle tematiche di genere e anche attente a “istruire” i loro compagni di classe e a bacchettarli quando, senza pensarci, scappa una frase o un’espressione sessista. E loro sono diventati più attenti e consapevoli.

Il disagio mentale è al centro del suo romanzo Grande meraviglia, ambientato in un manicomio. Riscontra un maggiore malessere psicologico nei ragazzi di oggi?
Non riscontro un maggiore malessere psicologico, ma una mancanza di certezze e di punti di riferimento rispetto al passato, unita a una grossa pressione da parte dei genitori, di noi professori, del mondo fuori. I ragazzi sentono di dover essere perfetti per mamma e papà, perfetti per la media dei voti calcolata dall’app della scuola, perfetti agli occhi dei coetanei sui social. Questo genera ansia e senso di frustrazione. L’andamento scolastico non è più una “questione privata”. Un quattro all’interrogazione viene immediatamente comunicato ai familiari con una notifica dell’app, il ragazzo non ha nemmeno il tempo di metabolizzare il risultato o di immaginare una strategia di recupero con i suoi tempi e i suoi modi, che già deve affrontare la delusione del genitore o la sua rabbia. Dobbiamo smetterla di controllare i nostri figli, e di credere di poterli esentare da sofferenze, sbagli, cadute. Fanno parte del percorso di crescita, sono inevitabili. Invece loro, i ragazzi, vivono spesso nel terrore di sbagliare.
Dobbiamo smetterla di controllare i nostri figli, e di credere di poterli esentare da sofferenze, sbagli, cadute. Fanno parte del percorso di crescita, sono inevitabili. Invece loro, i ragazzi, vivono spesso nel terrore di sbagliare.
Lei ha scritto anche un racconto per l’infanzia in rima, Cyrano dal naso strano. Qual è il suo rapporto con la poesia? E quello dei suoi studenti?
Cyrano dal naso strano è una filastrocca, un divertimento per far comprendere ai ragazzi come il testo originale fosse appunto in rima e in poesia, brillante e pieno di ritmo.

Ai miei studenti la poesia piace molto, dopo l’iniziale diffidenza cominciano anche loro a misurarsi con la scrittura poetica, che è molto adolescenziale, tutti da ragazzi hanno scritto poesie, e inoltre è il territorio più vicino a quello della musica, quello che padroneggiano maggiormente.

 

In classe lei ha elaborato una strategia per far appassionare i suoi studenti alla lettura, ce la vuole raccontare?
Leggiamo insieme un libro alla volta. Abbiamo un’ora di lettura in cui ci mettiamo comodi e ci dedichiamo a quello, inizio io e poi ci passiamo la parola. Alcuni scoprono che amano leggere ad alta voce, altri preferiscono ascoltare, qualcuno si appisola e viene gentilmente ridestato dal compagno di banco, di settimana in settimana arriviamo fino all’ultima pagina e poi ne iniziamo un altro. Lo scambio di idee, le domande, le considerazioni vengono fuori in modo naturale e spontaneo, non come durante un’interrogazione. La speranza è quella di rendere la lettura un’abitudine piacevole.
Per la sua esperienza, c’è un genere, un’epoca o un autore letterario in particolare che i ragazzi a scuola sembrano apprezzare maggiormente? E qual è la sorpresa più bella che le hanno regalato i suoi studenti?
Mi sorprendono sempre, a volte credo che un autore sia più adatto a loro, e invece lo snobbano, un altro che credevo fosse troppo difficile diventa il loro beniamino. Ho imparato che non esistono letture “per ragazzi”, i libri sono libri, ce ne sono di belli e di meno belli. L’unica cosa che unisce tutti è la domanda: quante pagine, prof? La lunghezza è uno spauracchio un po’ per tutti, amano i testi brevi, poesie racconti, romanzi brevi. È un aspetto connesso con la paura di doversi concentrare troppo a lungo. Poi ci sono le eccezioni. Una mia ragazza di primo scientifico si è presentata l’altro giorno con il ponderoso volume del Conte di Montecristo in bella mostra sul banco. Le ho chiesto se le stesse piacendo e lei, senza battere ciglio, ha risposto: sì, molto bello, non come Anna Karenina, però!

 

di Emilia Bandel
Viola Ardone

Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, ha lavorato nel campo dell’editoria e attualmente insegna italiano e latino al liceo. Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016). Nel 2019 ha pubblicato per Einaudi Il treno dei bambini, tradotto in oltre trenta lingue, da cui Cristina Comencini ha tratto l’omonimo film nel 2024. Sono seguiti, sempre per Einaudi, Oliva Denaro (2021) e Grande meraviglia (2023). Collabora inoltre con il “Corriere del mezzogiorno”, “la Repubblica”, “La Stampa”, “L’Espresso”.

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