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16 Luglio 2025
14 luglio 2025

Speranza di vita alla nascita: perché può essere utile parlarne in classe?

Un dato eloquente, che parla di noi e della nostra società
di Lisa Vozza
Tempo di lettura stimato: 7 minuti
Abbiamo genitori, nonni e bisnonni sempre più longevi. L’Italia è tra le nazioni con la speranza di vita più alta al mondo. In appena un secolo la durata dell’esistenza umana è quasi raddoppiata, con una media oggi di circa 84 anni: 81,9 per gli uomini e 86 per le donne. Ciò significa che un bambino o una bambina nati oggi nel nostro Paese possono aspettarsi di vivere mediamente fino a queste età. Poco più di cento anni fa, per i nati nel 1921 la speranza di vita era di appena 50 anni. Parlarne a scuola con i ragazzi può aiutarli a essere più consapevoli della realtà – passata, presente e futura –, a scegliere uno stile di vita salutare. E anche, perché no, a impadronirsi di strumenti statistici basilari.
A cosa dobbiamo questo formidabile allungamento? Innanzitutto alla riduzione della mortalità infantile, grazie alla capacità di prevenire e curare le malattie infettive con vaccinazioni, antibiotici e condizioni igieniche e alimentari migliorate drasticamente. Hanno poi contato una buona organizzazione sanitaria e l’introduzione di metodi per diagnosticare precocemente e trattare patologie non trasmissibili, come i tumori e le malattie cardiache, la cui mortalità si è ridotta di molto negli ultimi vent’anni.

L’aspettativa di vita è un parametro che riassume i tassi di mortalità di tutte le fasce d’età in un determinato anno.

Se cambiano queste condizioni, l’aspettativa di vita può aumentare oppure diminuire. Se più persone, ricevendo notizie infondate sui rischi delle vaccinazioni, decidono di non far vaccinare i propri figli contro le malattie dell’infanzia; se servizi sanitari in affanno non riescono più a sostenere la spesa per farmaci sicuri ed efficaci contro malattie frequenti e più persone non possono permettersi ingenti spese sanitarie; se i controlli su acquedotti e acqua potabile si riducono per mancanza di fondi; se mediamente più persone mangiano alimenti meno salutari, riducono l’attività fisica, bevono più alcolici e fumano più sigarette… se questi o altri “se” diventano una realtà concreta e diffusa, gli anni di vita media di una popolazione si possono ridurre nel tempo. E naturalmente viceversa, se le condizioni economiche, sociali e di salute migliorano.

L’aspettativa di vita può diminuire anche in maniera repentina, se si verificano eventi eccezionali come epidemie, guerre, catastrofi naturali o ambientali. La pandemia di influenza spagnola, nel 1918, avendo fatto molte vittime tra i più giovani, aveva causato una forte riduzione della speranza di vita, di gran lunga superiore rispetto a quella provocata dalla Prima guerra mondiale appena conclusa. Qualcosa di analogo è avvenuto in Africa negli anni Ottanta, in seguito all’epidemia di AIDS.

In Italia l’aspettativa di vita è stata finora in continua crescita, grazie a progressi sanitari, economici e sociali che spesso diamo per scontati. La popolazione molto anziana che raggiunge oggi età ragguardevoli ci offre la gioia di godere solitamente a lungo della compagnia di genitori, nonni, bisnonni. Allo stesso tempo il continuo allungamento delle esistenze, accanto a una forte riduzione delle nascite, pone sfide sociali notevoli, su cui è importante interrogarsi.

Generazioni a confronto

Discutere in classe di questi concetti può essere utile. Gli studenti possono ragionare sul fatto che esiste un legame preciso e causale tra aspettativa di vita di una popolazione e condizioni dell’esistenza, alcune delle quali sono sotto il controllo di ogni individuo. In particolare, possono cogliere il legame tra alcune abitudini e comportamenti che si imparano e seguono fin da piccoli e l’aumento o la riduzione del rischio di ammalarsi di alcune malattie. Ciò li dovrebbe motivare a prendere decisioni informate su scelte di vita essenziali per il proprio benessere, come per esempio decidere di non fumare.

Tipicamente ci sarà lo studente che domanderà come mai sua nonna, che ha fumato e bevuto alcolici tutta la vita, è ancora perfettamente in forma a 98 anni. L’eccezione è utilissima a spiegare che l’aspettativa di vita è una previsione statistica che ha, cioè, un valore generale: per la media della popolazione e non per il singolo individuo. Statisticamente, dunque, per una nonna ancora arzilla a quasi cent’anni, nonostante abitudini di vita non proprio salutari, ci saranno molti più nonni e nonne che, avendo seguito i medesimi comportamenti, a quell’età o non sono proprio arrivati o non stanno altrettanto bene.

Parlarne a scuola con i ragazzi può aiutarli a essere più consapevoli della realtà, a scegliere uno stile di vita salutare. E anche a impadronirsi di basilari strumenti statistici

Ma come si calcola l’aspettativa di vita di una popolazione? Il calcolo dell’aspettativa di vita è un’applicazione della matematica a fini statistici. Spiegare come si ottiene questo numero e quale può essere la sua utilità sociale può essere l’oggetto di un’interessante lezione in classe.
Innanzitutto occorrono alcuni dati. Prendiamo per esempio le persone che vivono in Italia: bisogna sapere di quanti individui si tratta, suddivisi per età e per sesso. Inoltre occorre conoscere quante persone, sempre in Italia, muoiono ogni anno e a quale età. Tali informazioni sono raccolte con assiduità dagli uffici di statistica come l’ISTAT e sono consultabili pubblicamente.

Una volta raccolti i tassi di mortalità per ciascuna fascia d’età, si costruiscono le cosiddette tavole di mortalità. Si tratta di tabelle con cui, con sistemi di calcolo matematico-statistico standardizzati, è possibile descrivere le probabilità di sopravvivenza o di morte per ogni età della vita. Per fare un esempio pratico, immaginiamo di avere 100.000 bambini appena nati. La tavola ci mostrerà, anno dopo anno, quanti di questi bambini saranno verosimilmente ancora vivi a ogni età: quanti arriveranno a 10 anni, quanti a 20, quanti a 30 e così via, fino all’età in cui, prevedibilmente, nessuno sarà più in vita.

A questo punto come si arriva al numero che rappresenta l’aspettativa di vita? In pratica si fa una specie di media degli anni vissuti da tutte le persone. Tornando all’esempio dei 100.000 bambini immaginari, prima si sommano tutti i compleanni, per così dire, che ci si aspetta che possano essere festeggiati. Quindi si divide tale somma per 100.000, ossia il numero di partenza di tutti i nati vivi. Il risultato ci dice quanti anni può raggiungere, sempre in media, una persona di una determinata popolazione.

Lisa Vozza

Biologa e divulgatrice scientifica, è Senior Scientific Editor presso Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. Ha lavorato a lungo per “Le Scienze” e per “Scientific American”. Per Zanichelli ha ideato e curato le collane “I mestieri della Scienza” e “Chiavi di lettura”, per le quali ha scritto numerosi libri insieme ai più celebri nomi della scienza contemporanea: con Rino Rappuoli I vaccini dell’era globale (1ª ed. 2009, 2ª ed. 2021, edizione inglese 2022), per cui ha ricevuto, nel 2010, il premio letterario Galileo. Inoltre ha scritto con Giacomo Rizzolatti Nella mente degli altri (1ª ed. 2008, 2ª ed. 2020), con Maurizio D’Incalci Come nascono le medicine (2014, edizione inglese 2017), con Giorgio Vallortigara Piccoli equivoci tra noi animali (2015), con Guido Barbujani Il gene riluttante (2016). Il suo ultimo saggio, con Duccio Cavalieri e Rino Rappuoli, è I microbi salveranno il mondo? (il Mulino 2024). Infine, per Zanichelli scrive il blog “Biologia e dintorni” nell’Aula di Scienze.

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