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30 Luglio 2025
22 maggio 2025

La scuola multiculturale vista da Espérance Hakuzwimana

Come immaginare un’educazione dell’accoglienza

Intervista a Espérance Hakuzwimana,
scrittrice e attivista culturale
Tempo di lettura: 10 minuti
In "Tra i bianchi di scuola", Espérance Hakuzwimana raccoglie una pluralità di testimonianze – ascoltate durante le molte presentazioni del suo primo romanzo, Tutta intera – che vanno a comporre il mosaico della realtà multietnica della scuola italiana. Sono i racconti di ragazze e ragazzi con background migratorio che tra i banchi non sempre trovano voce. Il suo è un lavoro collettivo, dedicato alla terza generazione di studenti di origine straniera, che oggi sono ben più numerosi di quando andava a scuola lei. Nata nel 1991 in Ruanda, ha vissuto una prima infanzia segnata dalla tragedia del genocidio. È rimasta fino a tre anni in un orfanotrofio, poi è stata adottata da una famiglia italiana. È cresciuta in provincia di Brescia e ha studiato Scienze politiche all’Università di Trento. Quindi ha deciso di seguire la sua passione per la scrittura e si è trasferita a Torino per frequentare la Scuola Holden. Oggi Espérance Hakuzwimana si definisce un’attivista culturale, e in questo saggio si pone sia come testimone sia come artefice del cambiamento che si può mettere in atto a partire dalla parola e dalla scrittura. Dando spazio e attenzione ai giovani di cui la scuola ancora non riesce ad accogliere pienamente identità, culture, bisogni, e offrendo loro cittadinanza nel dibattito pubblico, l’autrice intende contribuire a smontare i pregiudizi e gli stereotipi che sono alla base delle discriminazioni, fuori e dentro la classe. Per diventare pienamente cittadini, questi studenti hanno bisogno di vedersi riconosciuti da una scuola che li sappia sostenere e li aiuti a superare le difficoltà linguistiche, le disparità socio-economiche, le barriere culturali, dando concretezza al diritto costituzionale all’uguaglianza e alla pari dignità.

Il suo romanzo d’esordio, Tutta intera, narra di una scoperta della propria identità in cui la scuola gioca un ruolo importante. Ci racconta com’è nato?

Tutta intera nasce dal mio progetto finale del master alla Scuola Holden. Aveva un’altra forma, ma il cuore per me era quello: raccontare l’incontro tra identità apparentemente simili – Sara, la protagonista, e i ragazzi che incontra al doposcuola – che vivono in un contesto che le discrimina come minoranza. Le identità che mi stavano a cuore erano le persone adottate e le persone con background migratorio. La storia di Sara, insegnante di italiano L2, e dei ragazzi della scuola di Basilici è stato il modo che ho trovato per raccontare anche cosa avviene in classe: la trasformazione e la formazione di una comunità educante che deve leggere il presente e continua a scrivere il futuro. Io, per esempio, prima di essermi formata a livello didattico ho dovuto capire come trasformarmi a livello identitario per sedere tra i banchi di scuola. La trasformazione interna è invisibile ma costante, la formazione scolastica è statica e uguale per tutti e tutte (all’apparenza).

Il suo nuovo libro, Tra i bianchi di scuola, è invece un pamphlet a favore di una “educazione accogliente”. Lo dedica a tre insegnanti. Ci racconta perché questa scelta e qual è stata la sua esperienza scolastica?

La mia esperienza scolastica è stata estremamente basilare, direi mediocre. Non eccellevo in nessuna materia, amavo l’italiano, andavo male in matematica ma ho imparato molte cose, come la pazienza, l’ascolto delle idee degli altri e come trovare modi fantasiosi di leggere narrativa durante le ore di economia aziendale!
Il testo ha nell’esergo tre mie insegnanti dei tre cicli obbligatori: ciò che mi hanno insegnato va ben oltre le nozioni didattiche delle loro materie. Per me “il maestro” è anche questo.

Con la parola si possono raccontare storie, con le storie si possono cambiare i pensieri delle persone.

Oltre che scrittrice, lei è anche un’attivista culturale: collabora con la scuola? In che modo?

Collaboro con la scuola come scrittrice e come formatrice, portando laboratori, stimoli, domande. Incontro bambini delle elementari e ragazzi delle superiori, parlo con i loro insegnanti, attraverso gli spazi che sono sempre gli stessi e insieme cambiano continuamente. Per me entrare in classe come professionista è una grande responsabilità, ma anche una grande gioia!

Da quando l’ha frequentata lei, com’è cambiata la scuola italiana in questi anni? E in particolare per gli studenti con background migratorio?

È cambiata quanto a diversità, pluralità di lingue e di etnie. Non è cambiata nella difficoltà di saper riconoscere e valorizzare questa diversità. I bambini e le bambine ancora si sentono a disagio, non visti, non compresi nelle loro essenze culturali, linguistiche, etniche e religiose. E questo è un gran peccato, perché sono passati vent’anni e mi sembra di essere ancora al mio primo trimestre di scuola media.

Come può la scuola essere un luogo di reale interazione multiculturale?

Accogliendo realmente e non solo a parole. Mettendosi in ascolto, usando con intelligenza strumenti e supporti come i mediatori culturali, non ostacolando un presente che è già qui da più di trent’anni e lavorando con la cultura e la politica per accelerare il cambiamento necessario a far sì che tutti si sentano visti e compresi.

Lei dedica un capitolo del libro al momento dell’appello: perché è così importante imparare a pronunciare anche i nomi più difficili degli studenti?

Perché il nome racconta la nostra storia. Se quella storia arriva da lontano ed è sopravvissuta a genocidi, migrazioni, morti, cambiamenti, merita rispetto tanto quanto ne diamo a Mario Rossi o a qualche influencer di successo.

Nel libro lei invita anche – soprattutto – gli insegnanti ad adottare il giusto approccio per una scuola plurale: da dove possono partire?

Informandosi in autonomia, aprendo gli occhi sui mondi reali che vivono e chiedendosi se combaciano con quelli che incontrano a scuola; se la risposta è no, chiedersi perché e iniziare a lavorare sulla propria bianchezza. Come costrutto, come cultura occidentale e come ostacolo che limita l’ampiezza del proprio sguardo.
AI e scuola, intervista a Mario Rasetti

Una corsa verso il futuro: piccoli studenti da ogni parte del mondo.

Quanto è importante la multietnicità degli insegnanti nella scuola del presente e del futuro?

Moltissimo, ma finché viviamo in un Paese che non riconosce il valore dei suoi insegnanti in generale, tanto più se di etnie diverse, un insegnante con background migratorio, se ne ha la possibilità, sceglierà sempre di andare a svolgere la sua professione da un’altra parte, non di certo in Italia.

Come sono cambiate in Italia le diverse generazioni di studenti con background migratorio, sia nei numeri sia negli atteggiamenti?

Come dicevo, sono cambiate nei numeri ma non nella condizione dei diritti. La legge sulla cittadinanza non è aggiornata dal 1992 e mi sembra già un chiaro segnale di quanto sia stagnante la situazione legale di molte persone giovani (e non) del nostro Paese. Sugli atteggiamenti non saprei bene come rispondere, si tratta di ragazzi, di bambini e di persone, si comportano come tutti gli altri e per fortuna non possiamo definirli da ciò che fanno.

Lei ha scelto di fare della scrittura un mestiere: che valore attribuisce alla parola?

La parola è potere, proprio per questo richiede responsabilità e respiro. Scrivere per me è un grande privilegio, ma è anche una conseguenza molto forte dei tanti libri che ho letto e che leggo. Con la parola si possono raccontare storie, con le storie si possono cambiare i pensieri delle persone. Un’esperienza straordinaria ma, visti i tempi che corrono, pure rischiosa e pericolosa. Per questo per me scrivere è prima di tutto un patto di verità con me stessa. E spero di riuscire a mantenerlo sempre in vita.
Emilia Bandel

Espérance Hakuzwimana

Espérance Hakuzwimana (1991) è nata in Ruanda ed è cresciuta in provincia di Brescia. Ha studiato all’Università di Trento e poi ha frequentato la Scuola Holden a Torino, dove vive. Ha pubblicato per Einaudi (Tutta intera, 2022 e Tra i bianchi di scuola, 2024) e Mondadori (La banda del pianerottolo, 2023).
Dal 2022 è fondatrice e consulente D&I per Na.Co – Narrazioni Contaminate e nel 2025 ha fondato “Circolo Balde” un gruppo di lettura italiano per persone nere e/o afrodiscendenti in Italia.

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