Dove insegna? Quali sono le caratteristiche della scuola in cui lavora?
Ho iniziato a insegnare a Montelupo Fiorentino in una scuola molto grande, con nove sezioni, 25-26 bambini su sezioni omogenee. Eravamo 20-25 insegnanti e dovevamo confrontarci continuamente su come procedere. Adesso siamo quattro insegnanti in tutto, con 23 bambini, e questo ci permette di lavorare molto meglio.
Quali sono i pro e i contro di queste due modalità di composizione delle sezioni?
Nella scuola dove sono ora, circa due volte a settimana facciamo dei laboratori a sezioni aperte dove gli insegnanti si dividono il gruppo classe con i colleghi dell’altra sezione, un insegnante prende tutti quelli di cinque anni per fare attività più mirate per loro e gli altri tengono i tre-quattrenni e lavorano su aspetti diversi.
Se all’inizio avevo dei dubbi sulla sezione eterogenea, ora, dopo un anno, la trovo molto appagante perché valorizza la relazione tra i bambini.
Com’è arrivata all’insegnamento? Che tipo di formazione ha ricevuto?
Cosa pensa della formazione continua? Offre gli strumenti adatti per seguire e accompagnare meglio i bambini?
Poi ci sono le formazioni impartite a livello di istituto, quelle cosiddette obbligatorie, le famose 25 ore che andrebbero fatte ogni anno. Quest’anno abbiamo seguito un corso sullo storytelling digitale, interessante ma poco applicabile. I bambini avrebbero dovuto utilizzare il tablet e attraverso delle app inventare personaggi e storie. Bella cosa, ma dare in mano un tablet a bambini di cinque anni… diventa un delirio. Questo per dire che non sempre le formazioni che propongono a livello di istituto sono mirate per l’ordine di scuola in cui vengono proposte.
Quali sono le trasformazioni principali a cui ha assistito nel corso degli anni?
Come affronta i casi di bambini con problemi comportamentali?
Quando notiamo delle difficoltà informiamo i genitori. Partiamo sempre col dire che noi non facciamo diagnosi, ma osserviamo il loro bambino, e quando riferiamo le nostre impressioni, le nostre segnalazioni, è perché ci sta a cuore il suo benessere. In genere questo confronto è ben accetto, e tante volte, quando abbiamo richiamato i genitori perché avevamo dei dubbi, abbiamo poi avuto ragione.
Quali sono gli aspetti più positivi del suo lavoro?
Quali le caratteristiche del suo essere insegnante?
Instaurare una buona relazione fin da subito con i genitori è sempre fondamentale.
Poi tra colleghi sono indispensabili la collaborazione e la consapevolezza che ognuno porta il suo contributo, ognuno ha le sue specificità.
Qualche difficoltà?
A me piace molto lavorare con i bambini piccoli, perché spesso posso mostrare loro qualcosa che vedono per la prima volta: è il cosiddetto imprinting. Credo sia fondamentale insegnare loro, già da piccolini, la collaborazione, il rispetto, l’educazione.
C’è qualcosa di nuovo che introdurrebbe nella scuola dell’infanzia?
A volte mi sembra di avere tutta la giornata davanti, invece siamo incanalati in orari e cose da portare a termine. Si inizia la mattina, con il circle time, ci si ritrova tutti insieme, ci si chiede come si sta e si compila il calendario del giorno. Facciamo l’attività da quell’ora a quell’ora, perché poi c’è da andare in bagno, andare a mensa, fare colazione, la giornata è parecchio scandita.
Quindi sta all’insegnante impostare un lavoro più calmo rispetto all’attività frenetica dettata dal “fare”: rispettare ancora di più i tempi dei bambini, stare fuori, all’aperto, dedicare spazio all’ascolto, a un’educazione con ritmi più morbidi, perché oggi viviamo in una società di stimoli continui. Visto che forse a casa non si riesce per tanti motivi, la scuola dovrebbe valorizzare il saper aspettare, il saper condividere, il saper oziare, a volte perfino il non fare niente.
Secondo lei un insegnante di scuola dell’infanzia può fare la differenza per i bambini che segue?
In un mondo caratterizzato da una competizione continua, da una forte aggressività, io cerco di andare esattamente nel senso opposto. Non perché sia contraria alla competizione in assoluto, ma perché spesso viene intesa e gestita come prevaricazione.