Dove insegna e qual è stata la sua formazione?
Insegno lingua italiana in una scuola primaria di Gallipoli, in provincia di Lecce. Sono entrata nella scuola a diciannove anni, vincendo il concorso. Sin da subito, mentre già insegnavo, ho continuato gli studi, mi sono laureata e ho frequentato molto l’ambiente accademico, con la curiosità vorace dei giovani. Ho sempre avuto il desiderio di approfondire e, in questi quarantadue anni di professione, ho usufruito di tutti i corsi di formazione che la scuola ha messo a disposizione. Ciascun corso mi ha aiutato riguardo a specifici aspetti del mio lavoro, ma ce n’è stato uno, che si concentrava sull’esplorazione dei testi letterari tramite l’approccio filosofico, che mi ha colpito in particolare, rivelandosi molto utile per la didattica. Insegnare ai ragazzi a leggere con delle chiavi filosofiche, partendo dalle domande di fondo (ovviamente con interventi calibrati in base alle fasce di età), è molto importante per la formazione di un pensiero critico.
A quali cambiamenti della scuola ha assistito in questi decenni di insegnamento?
Ho assistito a molti cambiamenti strutturali nell’organizzazione della scuola. Quando ho cominciato c’era ancora l’impostazione dell’orario “tradizionale”, dalle 8.30 alle 12.30, con un docente unico. Ho visto nascere il nuovo modello di insegnamento modulare nel 1990, con la creazione di team di insegnanti che si alternavano nella docenza in classe, su diverse materie. In fase di sperimentazione è stato un cambiamento positivo che ha permesso di strutturare l’orario in modo più efficace, favorendo anche una didattica più inclusiva. Poi, in fase di attuazione, come spesso accade, ha mostrato qualche difficoltà e così si è tornati di nuovo, in parte, all’idea dell’insegnante prevalente. Negli ultimi anni, si è deciso di aumentare la libertà organizzativa di ciascuna scuola, lasciando ai dirigenti scolastici un margine più ampio di iniziativa. Oggi le scuole possono essere molto diverse tra loro, la loro organizzazione dipende da un’analisi di contesto e da scelte specifiche. Al di là di tutte queste differenze, credo che sarebbe importante che la scuola investisse sulla formazione e non solo sulla didattica, che trovasse il modo di educare all’umanità e alla bellezza, trasversali a ogni disciplina. Sarebbe essenziale soprattutto oggi, in un mondo scolastico che vive tempi difficili.
Perché ritiene che oggi la scuola viva tempi difficili? Qual è la difficoltà più grande che riscontra nel suo lavoro?
Uno degli aspetti più critici è che negli anni è venuta sempre più a mancare una genitorialità consapevole. Non si lasciano spazi ai bambini per vivere e misurarsi per quello che sono. I genitori oscillano spesso tra una preoccupazione eccessiva e il disinteresse, soprattutto nei confronti della scuola: manca una posizione di equilibrio. Inoltre, negli ultimi anni, la scuola fatica molto a rivendicare il proprio ruolo formativo e istituzionale. È necessario valorizzare il potenziale e la quantità di opportunità che il mondo scolastico può ancora offrire. Per questo, secondo me, è importante stabilire sinergie con le realtà del territorio. La scuola non può affrontare tutte le sfide del nostro tempo da sola, ha bisogno di costruire spazi di condivisione, in rete con gli enti e le associazioni. In questo modo si può anche diffondere tra gli studenti la consapevolezza di appartenere a una comunità.
Su quali aspetti si concentra il suo insegnamento?
Il mio lavoro ruota intorno all’importanza della lettura. Dico sempre agli studenti che le parole possono aprire loro tutte le porte dell’universo e sono le chiavi di accesso per tutti i campi del sapere. Cerco di far innamorare i miei studenti ai libri. La letteratura per l’infanzia può infatti offrire ai bambini non solo un’esperienza estetica e linguistica, ma anche un’occasione educativa che tocca la sfera etica, affettiva, sociale. Può educarli al pensiero critico, al confronto tra valori, alla cittadinanza. In questo percorso di avvicinamento alla lettura mi avvalgo di molti strumenti, senza demonizzare la tecnologia che, se usata in maniera consapevole, può diventare una grande alleata. I podcast narrativi e gli ambienti virtuali permettono, per esempio, di rendere più coinvolgente e accessibile l’esperienza della lettura. Insieme ai miei studenti realizziamo anche libri digitali: attraverso la registrazione degli audio ho conquistato la loro attenzione, ora sono i primi a chiedermi di memorizzare, recitare e registrare poesie o brani di libri. Tramite attività creative, come blog e video, i bambini vengono sollecitati a dare voce alle loro riflessioni. In questo modo, la lettura diventa un ponte tra immaginazione e realtà, un motore per l’espressione di sé e per l’impegno civile. Spesso i libri digitali che realizziamo sono basati su storie inventate dagli studenti o temi affrontati in classe, con l’obiettivo di stimolare la fantasia, la scrittura creativa e la collaborazione. Ogni alunno partecipa con un ruolo specifico: scrittore, illustratore, editor, narratore o impaginatore digitale. La storia viene illustrata con disegni originali e infine trasformata in un ebook utilizzando strumenti digitali accessibili. Il libro viene arricchito con elementi in realtà aumentata, tramite l’inserimento di QR code che rimandano a video, registrazioni audio o animazioni realizzate dai bambini stessi. L’attività valorizza le competenze linguistiche, artistiche e digitali dei bambini, favorisce il lavoro di gruppo e si conclude con la pubblicazione e condivisione del prodotto finale con la comunità scolastica e le famiglie.
La letteratura per l’infanzia può offrire ai bambini non solo un’esperienza estetica e linguistica, ma anche un’occasione educativa che tocca la sfera etica, affettiva, sociale. Può educarli al pensiero critico, al confronto tra valori, alla cittadinanza.
Che modalità didattiche predilige?
Sperimento diversi metodi didattici, spesso propongo ai bambini situazioni di apprendimento in cui possano mettere alla prova le loro abilità. Faccio un esempio: in occasione delle giornate mondiali (dell’acqua, della terra ecc.), dopo aver considerato insieme ai miei studenti le ragioni e i significati della celebrazione, li metto in condizione di organizzare una campagna di sensibilizzazione su quel tema. A volte chiedo loro di realizzare una mascotte, un’attività molto coinvolgente per i più piccoli. In questo modo si confrontano cercando soluzioni, e ciò che hanno appreso a livello teorico passa sul piano di una consapevolezza pratica ed etica. Anche nel percorso didattico la sinergia con altri enti può rivelarsi utile. Abbiamo, per esempio, collaborato con il Comune creando delle panchine letterarie, dipinte dai ragazzi ispirandosi alle loro letture, per creare un viaggio letterario che parta dagli spazi esterni per arrivare sin nel cuore della scuola, la biblioteca, in cui gli studenti hanno creato decorazioni murarie ispirate ai libri.
Secondo lei un insegnante può fare la differenza nella vita di uno studente?
Credo di sì, il docente è molto importante nella vita di uno studente. Spetta a noi la grande responsabilità di far amare la scuola. Occorre avvicinarsi ai ragazzi con empatia, comprenderli, un po’ come un sarto che deve valutare la stoffa che ha di fronte per ricavarne il vestito più bello. In particolare, credo che si possa davvero fare la differenza se si riesce a educare alla meraviglia, alla bellezza e all’umanità. Io, nel mio campo, cerco di farlo attraverso le parole, la lettura, che possono spalancare infiniti mondi.